Successe domenica 13 dicembre del 1646, che nel Duomo di una Siracusa flagellata dalla carestia, durante la messa, una quaglia o forse una colomba, si poggiasse sull’altare e dall’ingresso della chiesa la voce di un uomo proclamasse l’arrivo al porto di una nave carica di grano. La fame era talmente tanta che non ci fu il tempo di macinarlo ma venne mangiato bollito. Ed è così che nacque il piatto, famoso nell’isola, cucinato da allora ogni anno dai siciliani, in onore della Santa che a Siracusa spezzó la carastia, facendo apparire inaspettatamente un ingente e salvifico carico di grano. La Cuccìa, in ricordo del miracolo della Santa protettrice dei Siracusani.
Santa Lucia è anche protettrice dei non vedenti, specie per l’etimologia del suo nome da Lux, Luce o portatrice di luce. Ma ancora una volta la tradizione più antica dei nostri avi riemerge, in un continuum semantico con la nostra contemporaneità. Infatti il 13 dicembre, giorno del calendario gregoriano assegnato alla Santa, è la data in cui, nel calendario Giuliano (precedente al nostro Gregoriano) cadeva il solstizio d’inverno, il giorno più corto dell’anno e la notte più lunga. Dal 13 dicembre in poi, per i popoli del nord Europa, si entrava nel mese di Yule, che avrebbe portato al Natale, e i campi e i boschi sprofondavano in un buio silenzioso e letargico, tempo di riposo per la Natura. Per questi motivi, nei calendari dei festeggiamenti pagani, in questo giorno si festeggiava proprio la Luce o Artemide, la Dea della Luce appunto.
Lucia, Artemide, Lussi, Bertha, Pertcha, Diana… tutte donne associate al mondo liminale, dai confini incerti tra quello dei vivi e quello degli spiriti, portatrici di luce divina, faro per le anime dei morti, per il mondo magico e per coloro che non vedono perché, pur avendo gli occhi, hanno la mente offuscata da ideologie di potere per le quali l’uomo è lupo di se stesso, nella costante incapacità di cambiare, di evolversi a nuova vita nel sano e naturale ripetersi delle stagioni e nell’evolversi del tempo che è comprensione e saggezza.
Lucia quindi è Santa martire per gli stessi uomini che non hanno visto la sua fede, che hanno calpestato la sua volontà, che l’hanno uccisa nel nome di un patriarcato immemore che continua a mietere vittime.
Oggi, le streghe, sono le donne libere nell’anima che incontrano uomini sbagliati, accecati da sentimenti malsani e mortiferi. Oggi i loro roghi son fatti di acido ma le lame al collo sono le stesse. Le streghe vengono picchiate, umiliate, private di autostima, ridotte a larve. Per questo, oggi come ieri, è ancora necessario portare luce nelle vite di coloro che vivono nel buio dell’ignoranza e dell’ipocrisia, all’ombra di una società dell’apparenza nella quale la verità stenta a farsi luce.
Che sia tempo di meditazione questo, momento di autoanalisi per comprendere come evolverci nella nuova primavera che ci aspetta. Ma ancor prima sarà Natale e ci verrà data l’occasione per riconciliarci, per seppellire vecchi rancori, per nuovi propositi di gentilezza e condivisione. Che la luce rischiari, oggi e sempre, il nostro cammino di crescita.
La storia di Lucia
Questa è la storia di una donna che a causa della sua fede venne perseguitata, torturata e infine uccisa. Venne tacciata di stregoneria quando, davanti al giudice dell’esercito romano, né dieci uomini né cinque buoi riuscirono a piegarla, a farla inginocchiare davanti all’icona di Dei pagani che lei non riconosceva come tali.
Lucia era nata a Siracusa da una famiglia nobile, ma perse il padre all’età di cinque anni e la madre soffriva di continue emorragie, per questo spendeva molti soldi per curarsi. Un giorno, madre e figlia, si recarono al sepolcro di Sant’Agata martire a Catania per chiederle una cura, e lì Lucia, assopendosi, sognó la Santa che la invitava a trovare il potere del miracolo dentro di sé e a prendere coscienza dell’immensa luce che regnava nel suo spirito. Al suo risveglio la madre era guarita e Lucia espresse la sua totale volontà di consacrare la propria verginità a Cristo, culto vietato nella Sicilia pagana di quel periodo, sotto l’impero di Diocleziano.
Lucia inizió la sua nuova vita accanto ai più umili, aiutando i poveri anche con ingenti somme di denaro prese dalla sua eredità, e curando i malati. Per questo motivo, l’uomo che dalla nascita le era stato promesso in sposo, decise di denunciarla al tribunale romano, con l’accusa di essere una Cristiana.
Famoso è il dialogo tra la Santa e il suo giudice, il quale più volte venne messo in difficoltà dall’arte oratoria di Lucia, allora appena ventunenne. Lucia non si piegò mai, venne messa al rogo ma le fiamme non attecchirono su di Lei e, in ultimo, venne uccisa per mano di un boia con un coltello nella gola, quasi a volerle tagliare la testa, non prima che la Martire profetizzasse la caduta dell’impero di Diocleziano e la pace nella Chiesa Cristiana. E per tutto questo fu chiamata Strega.
Il culto di Santa Lucia attecchì fin da subito in Sicilia, emblema di coraggio, impavida davanti alla morte carnale e affidata totalmente al suo Dio. Esempio di forza per tutte quelle donne che sono state tacciate di stregoneria per aver creduto nei propri ideali, donne che spesso hanno fatto paura, agli uomini e, ahimè, anche alle donne fratricide, per la propria intelligenza, per la propria bellezza, perché non hanno abbassato mai gli occhi, perché hanno detto la verità.
E' a queste donne che ci ispiriamo, è a loro che volgiamo ogni giorno il nostro ringraziamento. Al miracolo della verità, della fiducia, della forza.
Grazie a tutte le Streghe che prima di noi non hanno mai ceduto e che ci hanno lasciato in eredità la libertà di pensare, dire e agire.
Il nostro omaggio a questo giorno così importante è la nostra crema mani, la Cuccìa, che non è solo un dolce, ma il simbolo tangibile che la storia del nostro passato non si è mai perduta, ma prospera integra nella quotidianità di chi sa aver memoria.
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